La videosorveglianza ha assunto un ruolo centrale nelle politiche di prevenzione e repressione dei crimini, e, più in generale, nella tutela del bene della “sicurezza urbana” – come definita dall’art. 4 del D.L. 20 febbraio 2017, n. 14, quale “bene pubblico che afferisce alla vivibilità e al decoro delle città – da perseguire anche attraverso interventi di riqualificazione, anche urbanistica, sociale e culturale, e di recupero delle aree o dei siti degradati; l’eliminazione dei fattori di marginalità e di esclusione sociale; la prevenzione della criminalità, in particolare di tipo predatorio; la promozione della cultura del rispetto della legalità e l’affermazione di più elevati livelli di coesione sociale e convivenza civile”. Anche gli istituti scolastici sono spesso dotati di sistemi di videosorveglianza (soprattutto volti a prevenire ed evitare fenomeni di vandalismo). Tali sistemi devono essere installati e gestiti nel pieno rispetto dello Statuto dei Lavoratori e del Codice della Privacy, e in particolare del Provvedimento in materia di videosorveglianza dell’8 aprile 2010 (http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/1712680). In particolare, si ricorda che l’installazione di impianti di videosorveglianza presso gli istituti scolastici debba comunque garantire il diritto dello studente alla riservatezza, e debba essere ristretto ai casi di stretta indispensabilità, per la tutela dell’edificio e dei beni scolastici da atti vandalici, circoscrivendo le riprese alle sole aree interessate e attivando gli impianti negli orari di chiusura degli istituti. Le telecamere non possono essere attivate nel caso di svolgimento di attività extrascolastiche che si svolgono all’interno della scuola, e, se vengono riprese le aree perimetrali esterne, l’angolo visuale deve essere limitato alle aree strettamente pertinenti l’edificio. La sicurezza è una parte importante (per non dire fondamentale) della corretta gestione della videosorveglianza. Sottolineiamo alcuni aspetti: le misure di sicurezza, l’individuazione e le istruzioni degli incaricati del trattamento, il periodo di conservazione delle immagini e l’eventuale utilizzo di sistemi “intelligenti” (vale a dire sistemi che sono in grado di rilevare automaticamente eventi anomali e attivarsi) o sistemi di raccolta di immagini associate a dati biometrici. Iniziando dalle misure di sicurezza, il Garante richiama l’obbligo di sicurezza previsto dall’art. 31 del Codice della Privacy, che abbiamo già esaminato, ricordando che i dati raccolti mediante sistemi di videosorveglianza devono essere protetti con idonee e preventive misure di sicurezza, riducendo al minimo i rischi di distruzione, di perdita, anche accidentale, di accesso non autorizzato, di trattamento non consentito o non conforme alle finalità della raccolta, anche in relazione alla trasmissione delle immagini. Non solo: occorre anche che si adottino specifiche misure tecniche e organizzative che consentano al titolare di verificare l’attività espletata da parte di chi accede alle immagini o controlla i sistemi di ripresa. Si individuano poi una serie di altre misure, che devono essere imprescindibilmente adottate. Esse sono:
a) L’adozione di diversi livelli di visibilità e trattamento delle immagini, corrispondenti alle competenze attribuite ai singoli operatori;
b) Deve essere “attentamente limitata” la possibilità di visionare sia in sincrono che in differita le immagini, sia di effettuare cancellazioni o duplicazioni;
c) L’adozione di misure tecniche od organizzative per la cancellazione, anche automatizzata, delle immagini alla scadenza del periodo di conservazione;
d) L’adozione di cautele per gli interventi di manutenzione;
e) La protezione contro i rischi di accesso abusivo;
f) L’adozione di tecniche crittografiche per le trasmissioni su reti di comunicazione pubblica o wireless.
Si stabilisce poi che il titolare o il responsabile debbano designare per iscritto tutte le persone fisiche incaricate del trattamento, autorizzate sia ad accedere ai locali dove sono situate le postazioni di controllo, sia ad utilizzare gli impianti e, nei casi in cui sia indispensabile per gli scopi perseguiti, a visionare le immagini. Si deve trattare di un numero delimitato di soggetti, e occorre individuare specificatamente distinti livelli di accesso corrispondenti alle mansioni attribuite. Bisogna quindi distinguere coloro che sono abilitati esclusivamente a visionare le immagini, da coloro che invece possono effettuare (a determinate condizioni) ulteriori operazioni (quali ad esempio registrazione, cancellazione, zoom, etc.). Qualora si preveda che le immagini vengano conservate, il periodo di conservazione deve essere necessariamente commisurato alle finalità perseguite, e in ogni caso al massimo alle ventiquattro ore successive alla rilevazione (salvo eventuali festività, chiusure degli uffici o specifica richiesta dell’autorità giudiziaria o della polizia giudiziaria). Laddove si vogliano conservare le immagini per un periodo più lungo, occorre effettuare il procedimento di “verifica preliminare” previsto dall’art. 17 del Codice della Privacy. A tale proposito, è di utile guida (ed è applicabile anche per casi analoghi) la verifica preliminare richiesta dalla Provincia di Verona per un istituto scolastico, reperibile sul sito del Garante. Si stabiliscono infine regole specifiche per l’eventuale utilizzo di sistemi “intelligenti” (sistemi che sono in grado di rilevare automaticamente eventi anomali e attivarsi) e per i sistemi di raccolta di immagini associate a dati biometrici (si pensi a un sistema che utilizzi tecniche di ricognizione facciale o della corporatura, prima appannaggio della fantascienza e ora di semplice implementazione). Tali trattamenti possono presentare rischi specifici per i diritti e le libertà fondamentali, nonché per la dignità degli interessati, e possono essere effettuati solo rispettando le misure individuate dal Garante a seguito di una verifica preliminare ai sensi dell’art. 17 del Codice della Privacy, attivabile su richiesta di parte o d’ufficio.
La verifica preliminare non è però necessaria se:
a) Il Garante si sia già espresso in relazione a determinate categorie di titolari o di trattamenti;
b) Vi sia piena coincidenza con la fattispecie concreta, le finalità del trattamento, la tipologie e le modalità di impiego, nonché con le categorie dei titolari;
c) Si rispettino le misure e gli accorgimenti prescritti dal Garante nell’ipotesi analoga.
FONTE: MIUR