Il captcha, per chi non lo sapesse, è quell’ammasso di lettere e numeri usato su tantissimi siti e blog per “difendersi” dai bot, ovvero da programmini che in modo automatico e ripetuto sono in grado di commentare, registrarsi e compiere azioni dannose.
Spesso i captcha sono fastidiosi, odiosi e fanno venire i nervi perché le lettere da leggere sono impossibili anche per l’occhio e il cervello umano, figuriamoci per un bot.
In inglese, CAPTCHA è l’acronimo di “Completely Automated Public Turing test to tell Computers and Humans Apart”; tradotto, test automatico per distinguere i computer dagli umani.
Nati nell’anno 1997 i CAPTCHA hanno la funzione di evitare che i cosiddetti bot (software che funzionano in automatico su Internet) possano accedere e/o raccogliere informazioni, permettendo attività di spam.
Funzionano chiedendo all’utente di risolvere un problema; per esempio, di decifrare il testo presente su un’immagine, effettuare un semplice calcolo, trascrivere una parola riprodotta in formato audio o anche risolvere qualche divertente indovinello.