Dai sogni di emulare e battere Google sino alla creazione del più famoso servizio di streaming musicale. Ecco la breve ma intensa biografia di Daniel Ek
Imprenditore seriale. Daniel Ek, svedese di Stoccolma, tra le altre cose fondatore di Spotify, ama definirsi così. D’altronde, per un neo-trentenne con alle spalle la creazione di diverse aziende tutte attive nel settore dell’hi-tech non può esserci un appellativo migliore.
L’infanzia e i primi passi da imprenditore
Daniel Ek nasce a Rågsved, nella periferia meridionale di Stoccolma, il 21 febbraio 1983. Qui crebbe assieme della madre, capace di sopperire alla mancanza del padre del piccolo Daniel con amore e dedizione. Ek si appassiona al mondo dell’alta tecnologia e dell’informatica sin dagli anni delle scuole elementari e si dà da fare affinché questa passione possa trasformarsi in un lavoro.
All’età di 14 anni crea la sua prima azienda nel campo dell’information technology: assieme ad un gruppetto di amici delle superiori inizia a sviluppare siti web per alcune società e attività economiche del vicinato. Nonostante la giovane età dei protagonisti, questo primo tentativo imprenditoriale consente a Daniel e ai suoi amici di mettere da parte qualche soldo e di acquisire una discreta competenza nel mondo del web. Competenza che Ek prova a mettere a frutto nel 1999 inviando un curriculum ad una start-up statunitense che ha da poco aperto i battenti: Google. La risposta ottenuta, però, non coincideva con quella sperata: “Torna a farti vivo una volta che ti sarai diplomato“, recitava la missiva inviata da Palo Alto.
Daniel Ek, testardo ed orgoglioso com’era, non la prese molto bene. Decise, allora, di realizzare un motore di ricerca alternativo a Google, che potesse batterlo sul suo stesso campo. Conscio delle difficoltà che lo attendevano, tentò di coinvolgere nell’impresa una folta comunità di sviluppatori indipendenti mettendo su un progetto open source. Anche in questo caso, le cose non andarono esattamente come previsto: l’impresa richiedeva un impegno e capacità che Daniel non aveva. Non tutto, però, andò perduto: parte dei risultati raggiunti dal gruppo di lavoro vennero reimpiegati successivamente all’interno di Yahoo! Finance.
Nel 2002, terminati gli studi liceali, Daniel Ek si iscrisse presso il Royal Institute of Technology (Kungliga Tekniska Högskolan) di Stoccolma, ma dopo appena due mesi decise di mettere fine alla sua carriera da studente e di dedicarsi completamente all’imprenditoria.
Il mondo prima di Spotify
Qualche mese dopo aver abbandonato la facoltà di ingegneria fonda Advertigo, società attiva nel settore della pubblicità online successivamente acquistata da TradeDoubler. Successivamente farà parte di Tradera, portale di aste online rivolto soprattutto ai Paesi scandinavi (la piattaforma sarà poi inglobata da eBay), ed Evertigo.
Con gli anni ricopre le cariche di CTO (Chief Technology Officer) per Jajja Communication e Stardoll, mentre fu CEO (Chief Executive Officer) per uTorret, il più celebre e utilizzato client BitTorrent. Questa esperienza fece maturare in Daniel Ek la convinzione che la crisi del mercato discografico era da imputare, in gran parte, al download gratuito (e illegale) di tracce musicali tramite la Rete e programmi P2P.
Mise così da parte i propri sogni di diventare un musicista professionista e tentò di trovare una soluzione a questo problema.
Spotify
Daniel Ek si mise così in contatto con il suo vecchio amico e collega Martin Lorentzon – che nel frattempo ricopriva il ruolo di Presidente di TradeDoubler – per cercare di trovare una soluzione alternativa al download illegale di musica. Il progetto iniziò nel 2006, ma Ek e Lorentzon impiegarono due anni prima di convincere alcune major musicali a crederci e investirci su del capitale. Nel 2008 vide finalmente la luce Spotify, servizio di streaming musicale basato su un modello economico freemium (parte delle funzionalità accessibili gratuitamente a tutti gli utenti registrati; versione completa disponibile a pagamento).
Spotify venne inizialmente testato in Svezia, patria dei pirati di Pirate Bay, con risultati più che discreti. Il programma – e il suo modello economico – venne quindi esportato nel resto del continente europeo e, successivamente, anche al di là dell’Oceano Atlantico.
Un successo altalenante
La creatura di Daniel Ek ha veramente rivoluzionato un intero settore, quello della discografia, che stava vivendo un periodo molto difficile. Dopo il successo ottenuto negli ultimi due anni (anche se non suffragati da risultati economici degni di nota) molte grandi aziende del settore hi-tech si sono lanciate nel mercato della musica in streaming. Il tentativo più famoso è sicuramente quello di Apple, che dopo aver acquisito per una cifra vicina ai 3 miliardi di dollari Beats e il suo servizio di musica in streaming, ha lanciato sul mercato Apple Music, che nei programmi dell’azienda di Cupertino deve essere il grande concorrente di Spotify. Ma verso la fine del 2016 si è aggiunto anche un terzo incomodo: Infatti, Amazon ha annunciato di essere pronta a lanciare la propria applicazione per ascoltare musica in streaming con prezzi molto più bassi rispetto alla concorrenza.
Per fronteggiare l’arrivo di nuovi pericolosi “nemici” dall’ottobre del 2015 Daniel Ek ha preso in mano le redini della società, dopo che Martin Lorentzon, l’amico che lo aveva supportato nella creazione di Spotify, ha deciso di fare un passo indietro.
Il suo futuro sarà ancora legato alla sua creatura, che per il momento, ha assicurato Daniel Ek, non è in vendita.