Tutti le conoscono più o meno per sentito dire, ma pochi sanno quale sia la storia della RAM e quale la sua reale funzione. Scopriamolo assieme

È tra le componenti fondamentali del computer, anche se molto spesso viene messa un po’ in ombra da altri protagonisti come CPU, scheda madre e scheda video. Eppure non bisogna mai dimenticare che uno degli elementi fondamentali della cosiddetta Macchina di Von Neumann, sulla quale si fondano teoricamente anche gli attuali computer domestici, è proprio la RAM, ovvero la memoria ad accesso casuale (Random Access Memory in inglese).

Che cos’è la memoria ad accesso casuale

La memoria RAM è, per come è stata concepita nella sua evoluzione storica e per le funzioni che deve svolgere, uno spazio in cui il computer è in grado di immagazzinare e recuperare in tempi brevissimi i dati di cui ha bisogno per espletare le sue funzioni. Per garantire costantemente un livello prestazionale molto elevato, le memorie RAM funzionano solo nel momento in cui sono alimentate dall’energia elettrica: i dati, dunque, restano in memoria sino a quando c’è corrente. Pertanto, nel momento in cui il computer viene spento, la memoria stessa perde tutte le informazioni, svuotandosi completamente.

 

RAM

 

A che cosa serve la RAM

La RAM ha il compito di immagazzinare velocemente i dati che poi devono essere lavorati dall’unità centrale del computer, ovvero dal processore detto anche CPU (acronimo di Central Processing Unit). In questo caso, non bisogna lasciarsi confondere: le funzioni svolte dalla memoria RAM sono completamente differenti rispetto  quelle del disco rigido. Entrambi, infatti, immagazzinano e conservano dati, ma con scopi diversi. Un hard disk magnetico (quelli a dischi, per intendersi) ha tempi di accesso e tempi di lettura e scrittura molto superiori a quelli di funzionamento del processore: se non ci fosse un cuscinetto ad armonizzare il funzionamento di queste due componenti, il computer lavorerebbe molto più lentamente. Ad esempio, anche soltanto per aprire un file di testo salvato in precedenza, il nostro PC impiegherebbe un discreto numero di secondi, anche decine, in base alle dimensioni del file stesso e alla qualità dell’hard disk disponibile.

 

Particolare di un modulo RAM

 

La memoria RAM svolge esattamente questo compito: avendo prestazioni di poco inferiori rispetto alla CPU, richiama e immagazzina i dati dal disco rigido e li dà in pasto alla CPU nel momento in cui devono essere processati. Maggiore la quantità di dati che la RAM può immagazzinare, più speditamente funzionerà il computer. Negli ultimi anni, per velocizzare ulteriormente questi processi, i produttori di componentistica hardware hanno sviluppato delle tecnologie che permettono agli hard disk di lavorare con velocità simili a quelle della RAM, riuscendo però a conservare i dati in memoria anche senza alimentazione elettrica.  Gli hard disk a stato solido (Solid state disk, abbreviato in SSD) riducono il tempo di accesso, lettura e scrittura dei dati, incrementando in maniera sensibile la velocità e le prestazioni del personal computer.

La storia della memoria RAM

Le memorie RAM affondano le loro radici nella “preistoria” dell’informatica. Come modulo organico di un computer sono teorizzate da John Von Neumann nella seconda metà degli anni ’40, ma la prima realizzazione pratica di quanto teorizzato dal matematico e informatico statunitense di origine ungherese è rappresentata dal Tubo di Williams.

 

Tubo di Williams

 

Si tratta di un tubo catodico che, sfruttando il fenomeno della persistenza luminosa, permette di conservare elettricamente dati in formato binario (se, in un determinato punto del tubo, il puntino luminoso era acceso il valore assunto era 1, altrimenti 0). Rispetto ai predecessori, il tubo di Williams garantisce un netto miglioramento in fatto di velocità di scrittura e lettura dati. Ogni tubo permette di archiviare tra i 512 e i 1024 bit di dati che, con l’evolversi dell’informatica, divennero ben presto insufficienti per qualsiasi tipo di operazione.

Ben presto i tubi di Williams sono rimpiazzati dalle memorie a nucleo magnetico che, a loro volta, cedettero il passo alle memorie stampate su circuiti integrati a partire dalla metà degli anni ’70. Basilare, in questo passaggio, è stata l’opera di Robert H. Dennard, che nel 1968 inventa le Dynamic Random Access Memory (DRAM), diventate in brevissimo tempo lo standard a livello globale. Con il passare del tempo, alle memorie DRAM si sono affiancate anche le memorie SRAM (Static Random Access Memory). Da un punto di vista totalmente teorico, queste ultime consentono di mantenere il dato in memoria per tempo infinito (o almeno per tutto il tempo in cui vengono alimentate elettricamente), hanno bassi tempi di lettura e consumano di meno. I costi di realizzazione, però, sono molto più elevati rispetto alle DRAM e per questo sono molto meno diffuse delle memorie DRAM.

 

Modulo SDRAM DDR4

 

Da anni, lo standard di riferimento è rappresentato dalle memorie SDRAM (acronimo di Synchronous Dynamic Random Access Memory), che permettono di ridurre i tempi di lettura e scrittura dei dati richiesti dai normali moduli DRAM. Grazie all’esistenza di un clock (una sorta di metronomo interno, capace di armonizzare i tempi di lettura e scrittura delle RAM rispetto al processore), le memorie SDRAM sono fino a tre volte più veloci rispetto alle normali DRAM. Le SDRAM hanno subito un’ulteriore evoluzione nel corso degli anni, la cui ultima tappa è rappresentata dalle recentissime memorie SDRAM DDR4 (dove DDR sta per double date rate), lanciate nel 2011 da Samsung.

L’evoluzione della RAM

Come visto, dagli anni ’50 ad oggi la memoria di lavoro ha subito moltissime modifiche sia sotto il punto di vista fisico sia teorico, riuscendo a raggiungere livelli di prestazioni e di carichi di lavoro sicuramente inimmaginabili anche per lo stesso Von Neumann. Oggi le memorie RAM più avanzate (le già citate SDRAM DDR4, che da poco hanno rimpiazzato le ormai “anziane” DDR3) sono capaci di immagazzinare fino a 16 gigabyte di dati per modulo con velocità di trasferimento dati che variano tra gli 800 megabit al secondo fino agli 1,5 gigabit al secondo.

 

SODIMM

 

Sui laptop, invece, trovano spazio le memorie SO-DIMM (acronimo di small outline dual in-line memory module), moduli di memoria di dimensioni inferiori rispetto a quelle usuali. Il motivo di questa differenza è anche ovvio: le componenti di un computer portatili sono miniaturizzate rispetto a quelle di un computer desktop: vale per il disco rigido, vale per la scheda madre, vale per la scheda video e anche i moduli di memoria di lavoro non fanno eccezione.

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